I progetti falliscono con una frequenza sorprendente, nonostante l’impegno e gli sforzi messi in campo da professionisti e aziende. Fra le cause che portano a questo risultato indesiderato, spicca un errore banale e universale commesso praticamente da chiunque: la sottovalutazione del tempo, delle difficoltà e delle risorse necessarie durante la pianificazionepianificazione. Questo errore, definito dagli psicologi Kahneman e Tversky come “errore di pianificazione” — ovvero la tendenza sistematica a sottostimare i tempi e le complessità di un progetto — rappresenta il filo rosso che accomuna fallimenti in settori diversi, dagli uffici IT alle startup, dal mondo della consulenza al manifatturiero.
Le radici cognitive dell’errore di pianificazione
La psicologia cognitiva ha studiato in profondità questo fenomeno. Negli anni Settanta, Kahneman e Tversky identificarono il cosiddetto “bias del piano errato”, una distorsione della nostra percezione che ci porta a essere eccessivamente ottimisti nel valutare tempi, risorse e ostacoli di un’attività futura.bias cognitivo Il meccanismo è semplice: quando pianifichiamo, utilizziamo informazioni intuitive basate sulle speranze e sui desideri piuttosto che su analisi rigorose. Addirittura, questo errore persiste “indipendentemente dai tratti della personalità, dalla cultura, dal sesso, dalle dimensioni dell’attività o dal tempo a disposizione”. In pratica, è universale.
Questa illusione di controllo ci convince che il nostro progetto sarà più semplice e veloce di quanto sarà realmente. Ci dimentichiamo degli imprevisti, trascuriamo le difficoltà operative e di comunicazione, non consideriamo tempi di attesa o limiti tecnici. La pianificazione diventa così troppo ambiziosa e scollegata dalla realtà.
Gli impatti dell’errore di pianificazione
Un progetto pianificato in modo ottimistico — senza margini per errori, ritardi e aggiustamenti — rischia inevitabilmente di:
- Subire slittamenti di tempi e mancato rispetto delle scadenze.
- Generare frustrazione, demotivazione e stress tra i membri del team.
- Richiedere aggiustamenti continui e cambiamenti in corsa, spesso costosi e inefficienti.
- Mettere a rischio la qualità del risultato finale e la soddisfazione del cliente.
Questi effetti si accumulano e, se non gestiti tempestivamente, portano al fallimento: perdita di fiducia interna, spreco di risorse, insoddisfazione dei clienti e, nei casi peggiori, danni reputazionali o economici irreparabili.
Cause secondarie e amplificatori del fallimento
Se il bias della pianificazione è il motore principale, attorno ad esso si aggiungono una serie di fattori che amplificano la probabilità di fallimento:
Mancanza di obiettivi chiari
Spesso i progetti falliscono perché non sono stati definiti obiettivi precisi e condivisi. Senza una destinazione chiara, il percorso diventa incerto, le priorità si confondono e il rischio di deviazioni cresce.
Pressione del cliente
Nel tentativo di compiacere il cliente, molti project manager concedono stime troppo ottimistiche o sottovalutano la difficoltà di alcune attività, promettendo tempi e risultati irrealistici. Questo porta non solo a mancare le scadenze, ma anche a diluire il valore del lavoro, causando delusioni e rapporti difficili con clienti e stakeholder.
Comunicazione interna deficitaria
La mancanza di comunicazione tra i membri del gruppo impedisce di risolvere i problemi man mano che emergono. Si ignorano le segnalazioni di rischio, si sottovalutano le difficoltà, si alimentano malintesi e conflitti, tutto ciò che alla lunga mina la riuscita del progetto.
Come evitare il fallimento: soluzioni per una pianificazione robusta
Per ridurre il rischio di fallimento e superare l’errore banale della pianificazione irrealistica è fondamentale adottare alcune strategie:
- Coinvolgi tutto il team nella pianificazione: nessuno conosce le attività meglio di chi le svolge. Chiedi sempre l’opinione dei collaboratori per stimare tempi e complessità in modo realistico.
- Aggiungi margini di sicurezza: stima sempre scenari pessimistici, considera possibili imprevisti e inserisci buffer nei tempi e nei costi.
- Utilizza strumenti di gestione robusti: come la WBS (Work Breakdown Structure) per scomporre le attività, la matrice RACI per chiarire ruoli e responsabilità, diagrammi di Gantt per la visualizzazione temporale.
- Definisci con precisione obiettivi e stakeholder: solo sapendo esattamente cosa si vuole raggiungere e chi è coinvolto si evita di trascurare esigenze fondamentali.
- Favorisci la comunicazione continua: organizza meeting regolari, report e feedback periodici per individuare ostacoli, monitorare progressi e favorire la collaborazione.
Inoltre, è fondamentale resistere alla pressione di agire subito e prendersi il tempo necessario per riflettere, analizzare rischi e pianificare con cura. La preparazione dettagliata del progetto rappresenta almeno metà del suo successo.
Un ulteriore “trucco” è quello di guardare a esperienze passate: se sei già incappato nell’errore di pianificazione, cerca di capire cosa è andato storto, quali fattori hai sottovalutato e come puoi evitarli nella prossima occasione. La pianificazione è una disciplina che si affina con la pratica, l’apprendimento dagli errori e la capacità di adattarsi.
Essere consapevoli delle distorsioni cognitive, delle pressioni esterne e delle difficoltà comunicative permette di mettere in campo piani più robusti, articolati e flessibili. In definitiva, il vero antidoto al fallimento sta nello sviluppare un approccio critico alla pianificazione: meno ottimismo ingenuo, più realismo, margini di sicurezza e coinvolgimento attivo del team.
Superando questo errore banale si può trasformare la pianificazione in uno strumento potente — non solo per portare a termine i progetti, ma per farlo rispettando tempi, costi e aspettative. Preparazione, analisi, collaborazione e capacità di prevedere gli imprevisti sono la chiave per il successo duraturo nei progetti di ogni dimensione e settore.